Per chi scrive, cimentarsi nella stesura di una poesia in dialetto è un compito arduo, perché il dialetto non si insegna a scuola, quindi ciò che si impara è spesso frutto di esperienze casuali e personali; dai nonni con le loro filastrocche, ai vecchi che frequentano le antiche “ostaïe” dei vicoli, dagli operai di vecchio stampo che usano come idioma solo il dialetto, ai “trallalero” che si sentono cantare ancora dai quei pochi gruppi folkloristici rimasti. Se il parlare in dialetto è già di per se stesso difficile (e intendo il dialetto corretto, quello senza contaminazioni da italiano e altre inflessioni), risulta ben più arduo scrivere.
Il dialetto genovese è una “lingua” vera e propria, come affermava il grande Govi (il genovese è la lingua l’italiano è il dialetto), un mix di francese, arabo, latino, turco, armeno e portoghese, tutti vocaboli “importati” da quelle terre lontane e frutto di scambi culturali.
Per potere rendere più simili i suoni delle vocali si è ricorso ad accenti, dieresi, a dittonghi, che solo un orecchio esperto e una ancora ben più dotta lingua, sa riconoscere e tradurre su carta.
Mi ritengo orgoglioso (spero mi si perdoni questa vanità), quando posso scrivere finalmente nella mia lingua madre o dialetto che dir si voglia, esprimendo così un altro lato della mia personalità, quello più vivo, più genuino, schietto e a volte impertinente, che solo il proprio idioma nativo può finalmente svelare.
Figge.
Figge de bonn-a famiggia
figge che nisciun se ê piggia.
Figge che g’an o galante
ma solo su l’ é benestante.
Figge amasccionæ
che te rian pè derê,
figge da o muro bõn,
ch’o pa quello de un lion.
Figge che pàn dosci comme o succòu
da pociaghe o pan comme in tò tòcco,
Figge co-i cavelli a-o vento
che cangiân de omô, comme cangia o tempo.
Bocca da baxi e cû da…baxin,
mëgio i amixi e’n gotto de vin.
Feggie che an bevio l’ægua da meua
e figge che te puntan o cotello a-a goa,
figge de na moæ sola e de cento poæ,
meno ghe ne fise, invece ciò ghe n’é.
Ghe son figge da maiâ
e quelle da lasciâ stâ,
figge belle comme de stelle,
che fa ciæo comme ciæbelle,
figge da impile solo de baxi,
e quelle che invece “no ti me piaxi”.
Figge che mostra u cû comme a faccia,
e figge bonn-e comme a fugassa,
ma sei quelle che fan giâ tutto
e senza de viatre o mondo o l’è brutto.
RVassallo 15/09/2013
Bel post.
Ma non condivido quest´equazione che ho letto spesso altrove secondo la quale “sparisce la cultura di un tempo quindi sparisce il “dialetto” che ne è l´espressione”.
I cosidetti dialetti sono, veramente, delle lingue, e da tali si possono usare per qualsiasi forma di comunicazione contemporanea e così si può, perche no? fare un rap in zeneise:
PD. Cosa significa amasccionæ? Non sono ligure e non conosco questo verbo amasccionâ.
Sono d’accordo con te sul fatto che si possa fare rap in “zeneize”, ma sono veramente poche le persone e specialmente i giovani, che usano e vogliono continuare a parlare il dialetto e non volendo fare polemica (ma la butto lì), sono anche rare le persone che usano correttamente l’italiano sia scritto che parlato (e intendo senza abbreviazioni e inglesismi ecc…). Il termine “amasccionæ” vuol dire “mascoline” riferito alle ragazze, probabilmente sul dizionario non si lo troverà, ma nella parlata corrente si usa abbastanza spesso.