Avete mai fatto un giro in un info point per i rifugiati?
È un giorno d’inverno e fa freddo, ho salito la scalinata che da via XX Settembre che porta alla chiesa di Santo Stefano, dove si trova un info point per chi scappa dalla guerra in Ucraina, fuori sul piazzale oltre agli addetti della protezione civile, solo molte mamme e bambini, ragazzini e ragazze, nessun uomo. Sono coloro che scappano dalla guerra, di chi da un giorno all’altro ha dovuto abbandonare tutto, per salvarsi la pelle.
Una lunga coda in paziente attesa, ognuno aspetta il suo turno per “registrarsi”, per ricevere informazioni, per dare i propri dati, un aiuto, un te caldo, una parola di conforto nella propria lingua.
Più in la i bambini giocano sul piazzale della chiesa, chi disegna, chi canta, chi si gode il sole e pensare che sino a pochi giorni fa, questi stessi bambini si crogiolavano sotto lo stesso sole, ma in un altro paese, giocavano e andavano a scuola, poi… Le bombe, la guerra, l’invasione, tutto stravolto, la vita stravolta, e scappare lasciandosi alla spalle tutta una vita e un futuro è forse l’unica cosa da fare.
E poi?
Dove andare? Cosa fare?
Le stesse domande che non sono cambiate nel corso di tutte le guerre precedenti, così come nulla è cambiato da allora, la fuga, l’incertezza, la paura, il lasciarsi tutto dietro le spalle, la miseria, l’odio, la morte, il registrarsi a un info point… Aspettare.
Tornando a casa, ho sentito un vecchio uralre; belin che paese stiamo diventando, se diamo accoglienza a tutti, dove andremo a finire.
Popolo senza memoria, che preferisce dimenticare e ripetere gli stessi errori, piuttosto che ricordarsi di un passato per non ripetere gli stessi sbagli in un futuro, che potrebbe essere anche adesso, e comunque non farebbe male visitare un “info point”, perché ciò che è capitato agli altri, potrebbe accadere anche a noi.
La guerra.
Quante guerre ci sono al mondo?
E chi lo sa,
una qua e cento più in là.
Quella vicina è sul giornale, come se fosse una cosa normale,
quelle distanti dai nostri divani, non hanno un posto nei quotidiani.
Quella vicina fa troppa paura e si corre ai ripari senza misura,
quelle disperse negli antri continenti, ai nostri occhi son differenti.
Quella vicina ci tocca il cuore, di quelle distanti non sappiamo neanche chi muore.
Eppure la guerra è sempre uguale, sia in Europa che in Africa centrale,
la guerra non ha colore ne bandiera e uccide tutti in egual maniera.
Chi fugge ha il sentore di un futuro senza colore,
lasciando il cuore al di la della frontiera sperando che ritorni la primavera,
così che un giorno possa tornare e la libertà poter assaporare.
Ma la libertà non è una parola che riempie la bocca, quando le corde del cuore tocca,
è assurdo pensare che per la “lei”si debba morire, e a crepare comunque sono sempre gli innocenti, mentre la guerra la decidono solo i potenti.
Quante guerre ci sono al mondo?
E chi lo sa
una qua e cento più in là.
Quello che so guardandomi attorno e che sorgerà un altro giorno, se sarà d’inverno o d’estate chissà, ma di sicuro quello il più bel giorno sarà.