In questi giorni di forzato “coprifuoco”, ho avuto l’occasione di sfogliare i molti racconti che avevo scritto nel 2014, anno in cui ho cominciato a leggere i libri di Raymond Carver e guardare i film di Quentin Tarantino. Da questo connubio, dopo anni di “invecchiamento in botti di rovere”, è nato “Ti va di ballare?”, sono dodici storie di “quotidiana alienazione”, vicende che si possono leggere quotidianamente sui giornali e a cui il nostro occhio non vi presta più attenzione.
A volte però bisognerebbe soffermarsi e decifrare tra le righe tutta la disperazione che si cela tra gli spazi bianchi.
Il risultato è nelle pagine di queste “storie brevi” da leggere una a una tutte d’un fiato, sono il ritratto di una normalità fatta di attimi, che aprono il baratro al delirio della follia.
Cosa succede quando s’incontrano le psicosi dei racconti di Raymond Carver e la didattica sanguinolenta di Quentin Tarantino? Nasce “ti va di ballare?” Sono dodici storie di “ordinaria follia”, istantanee in bianco e nero della quotidianità che ci circonda e della quale ci siamo nostro malgrado assuefatti. Ne viene fuori il ritratto di una società patriarcale ancorata ancora suo malgrado al mito del maschio dominante, dove l’uomo però è proiettato in una nuova dimensione e perde il contatto con la realtà, ed è la donna con le sue paure, le sue fragilità e le sue nevrosi a prendere il sopravvento, ad afferrare il timone del comando e a dimostrare che davanti alle avversità sia sempre lei la più forte.
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