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Il mistero della vita sta nella ricerca della bellezza. (Billy Wilder)

Bellezza vaga promessa d’eternità, che come effimero stato di grazia, si trasforma in elisir di gioventù, laddove Vanità e Narciso suggellarono il loro scellerato patto. Questo è l’incipit di ciò che del vanesio è l’opera più cara, la metamorfosi di sé e cioè la manipolazione del suo essere, la ricreazione di quella scultura sublime che prima era appannaggio solo degli dei, la sublimazione del proprio apparire in una nuova divinità.

Mentre giovani ninfe si pavoneggiano mirandosi compiaciute in stagni lucenti e le movenze dei loro corpi acerbi accendono le fantasie sopite di maturi satiri annoiati, le antiche matrone gelose custodi dei riti sacri dell’eros si rimirano in specchi logori e stanchi di riflettere sempre le medesime tristi immagini, meditano vendetta. Qual rivincita è più bella di quella della rinascita a nuova vita? Quale gioia più gradita se non la ritrovata gioventù? Qual trofeo più ardito se non la riconquista degli anziani talami? Se quello che il tempo rubò, ora le novelle circi possono assaporare il piacere della conquista che un giorno permaneva trionfante sulle loro labbra voluttuose.

Giunto è il momento che i giovani fauni che si crogiolano al sole del meriggio tendano i poderosi muscoli pronti alla fuga, come i teneri cervi che fuggano dalle frecce di Diana la cacciatrice. Quali sono dunque queste nuove temibili armi, che le giovani naiadi debbano tanto temere, quelle di un sarto? Se di taglia e cuci gli eredi moderni di Esculapio si dedicano con tanto diletto a rimodellare antiche divinità cadute in disgrazia, o quelle di nuovi dei così abili da ricreare dalla materia grezza nuove forme aggraziate e morbide, docili quasi come argilla e come creta pronta a sgretolarsi al minimo tocco.

Esultate matrone, siate ebbre di gioia signore, che anche per voi il dolce sapore dell’elisir di gioventù rinverdisca gli antichi fasti, s’invigoriscano dunque i seni cadenti, si snelliscano le cosce, si tonifichino i glutei stanchi, spariscano attorno gli occhi le antiestetiche zampe di gallina, si snelliscano i fianchi, che le labbra tornino voluminose e tumide, che la pelle ritrovi la tonicità d’un tempo, che il corpo sia fletta come un arco pronto a scattare al momento dell’amplesso, che divampi il fuoco della passione e che i suoi tizzoni ardenti incendino le voglie dei giovani e anziani fauni e che le adolescenti ninfe inebriate dalle loro bellezza vengano accecate dalla loro invidia.

Che sia dunque la bellezza a illuminare il mondo e non importa se artificiale sia, sempre di avvenenza si tratta. Ben venga quindi il corpo rifatto, che come una scultura svela le sue forme sensuali dopo che è stata ultimata, il corpo della donna è un’opera d’arte e come tale venga preservata, custodita e col tempo restaurata, per offrire a nuovi occhi l’anticha bellezza che col tempo è rimasta intatta, magari solo nascosta dalla polvere invidiosa del tempo.